CISTITE INTERSTIZIALE La Cistite Interstiziale (CI) è una condizione di infiammazione cronica dolorosa della vescica.

Dispensa Allodinie Dott. Torresani

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    00 16/11/2007 10:41
    Recenti acquisizioni in tema di neuropatie cutanee

    ALLODINIE, VESTIBOLODINIA E FIBROMIALGIA

    Prof. C. Torresani
    Specialista in Dermatologia e Venereologia
    Università degli Studi di Parma


    Le neuropatie periferiche, quelle cutanee in particolare, costituiscono delle patologie, a quanto pare, molto diffuse ed eterogenee, vale a dire molto diverse fra loro ed in grado di provocare i sintomi più disparati. Neuropatia significa, letteralmente, “sofferenza di tessuto nervoso”. In sostanza si tratta di flogosi (infiammazioni) delle terminazioni nervose cutanee e cioè quelle piccole fibre nervose che, normalmente, sono responsabili della sensibilità della nostra cute (tatto, freddo, caldo, vibrazione, ecc.). Tale fibre sembra si infiammino spesso e con molta facilità in tutti i soggetti. Nella maggiorparte delle persone, tuttavia, vengono messi in atto dei meccanismi (cellule e sostanze chimiche) in grado di “spegnere” l’infiammazione. In alcuni soggetti, geneticamente predisposti, questo avviene con difficoltà o non avviene per niente. A causa di una maggiore concentrazione, in questi soggetti, nello spessore della cute, di sostanze pro-infiammatorie (che favoriscono l’infiammazione) e di una scarsa efficacia delle sostanze anti-infiammatorie si crea una specie di circolo vizioso per cui l’infiammazione si auto-mantiene a tempo indefinito. Una neuropatia cutanea provoca la cosiddetta allodinia che significa “dolore per uno stimolo che normalmente non è in grado di provocarlo”.
    Spesso le allodinie originano da cicatrici della cute. Quando la pelle viene tagliata, vengono, inevitabilmente, recise anche le fibre nervose che si trovano nello spessore della cute. Queste fibre, che non erano destinate ad essere fibre terminali, presentano, quindi delle terminazioni anomale (una specie di monconi, per intenderci). Tali “monconi nervosi” anomali, intrappolati nella cicatrice, si circondano di una capsula (costituita da mielina, la sostanza che riveste le fibre nervose) e costituiscono i cosiddetti “microneuromi”, strutture che hanno una forte tendenza ad infiammarsi ed a scatenare una allodinia. E’ una esperienza comune a molti soggetti il fatto di sentire fastidio ad una cicatrice, anche di vecchia data, quando cambia il tempo. Oppure, molte persone avvertono bruciore a sfiorare ad es. la cicatrice dell’ombelico o quella dell’appendicectomia. A volte l’ipersensibilità di queste fibre si limita alla cicatrice. Altre volte, sfortunatamente, l’ipersensibilità (o iperalgesia) si espande ad un territorio cutaneo circostante, più o meno esteso, provocando la comparsa di una allodinia (dolore per stimolo anche lieve).
    In realtà, quasi sempre, le neuropatie cutanee passano inosservate in quanto la cute, se non viene sollecitata, non è in grado di produrre alcuna sensazione.
    Già da tempo è stato dimostrato che il tessuto muscolare sottostante un’area di neuropatia cutanea si presenta costantemente infiammato e contratto. I muscoli in flogosi presentano contratture anche forti e, al contrario della cute, possiedono dei “propriocettori” per cui si fanno sentire molto chiaramente con sintomi dolorosi che vanno da un senso di trafittura, ad un senso di bruciore, di dolore e, a volte, di prurito, di camminamento di insetti o di punture d’ago. Questi sintomi muscolari non vengono quasi mai riconosciuti come sintomi la cui causa parte dalla cute per cui l’attenzione, sia del paziente che del medico, si concentra esclusivamente sul dolore muscolare. Per tale motivo, se il dolore riguarda muscoli dello scheletro (collo, spalle, tronco, gambe), si va, inutilmente, a cercare una causa di tipo traumatico, artrosico, degenerativo, ecc.. Se il dolore è a carico di muscoli addominali si individua la causa in ipotetiche coliti, cistiti, annessiti e così via. In altri casi si sospettano le malattie più strane e più varie per trovare risposta a sintomi dolorosi inspiegabili: è il caso del dolore dell’area perineo-genitale o anale.
    In realtà è possibile dimostrare la presenza di una allodinia semplicemente andando a sollecitare la cute immediatamente al di sopra dell’area dolorosa (per esempio sollevando una plica con due dita): se c’è una allodinia questa manovra provoca dolore. Infatti, nelle allodinie, a causa della infiammazione delle fibre nervose, si ha una alterazione della sensibilità della cute per cui uno stimolo (ad esempio tattile profondo) viene avvertito in modo molto più intenso, fino ad arrivare al dolore. In alcune forme particolarmente gravi si avverte bruciore al semplice sfioramento della cute o delle mucose.
    Come già detto, le allodinie sono facilmente diagnosticabili clinicamente sollevando con due dita la pelle del paziente e facendo una plicatura, in pratica un pizzicotto (che normalmente non dovrebbe provocare dolore) e non occorre ricorrere ad indagini sofisticate (come TAC, risonanza magnetica, ecc…). Il sintomo tipico che il paziente avverte sollevando la pelle è un senso di aghi e di punture (legati, per l’appunto ad una sensibilità esasperata delle terminazioni nervose)
    Moltissimi soggetti presentano una o più aree di allodinia (e corrispondente dolore muscolare) sul proprio corpo. A seconda della sede cutanea colpita sono state storicamente classificate alcune allodinie.

    Anodinia
    In questo caso la zona cutanea colpita è la mucosa anale e si manifesta sottoforma di prurito o, meno spesso, di bruciore anale, spesso attribuito ad ectasie emorroidarie (“emorroidi”). Può colpire entrambi i sessi ed è abbastanza diffusa. Il tipico prurito della anodinia non è avvertito in modo continuo ma si presenta in forma di attacchi acuti (soprattutto quando il paziente si riposa) durante i quali chi ne soffre, letteralmente, si strapperebbe la pelle. Molto spesso i pazienti affetti da questa allodinia presentano una cicatrice alla mucosa anale (anche di vecchia data) da pregresso intervento chirurgico (ad esempio per ragade anale). Le terminazioni nervose recise presenti nella cicatrice entrano in uno stato infiammatorio e costituiscono, spesso (ma non sempre) la causa di questa allodinia.

    Penodinia
    Allodinia localizzata al pene. In letteratura ne sono segnalati solo tre casi ma, personalmente, ne ho trattati quattro casi. Si tratta, dunque, di una malattia molto meno rara di quel che si pensi: spesso viene diagnosticato un herpes genitale e, con questa diagnosi, si giustifica il bruciore al pene avvertito dal paziente.

    Scrotodinia
    Allodinia localizzata allo scroto. Presenta sintomi molto simili alla anodinia.

    Coccigodinia
    Come sopra. Spesso è presente, all’anamnesi, un trauma in sede coccigea.

    Tricodinia
    Sia i peli che i capelli presentano, alla loro origine, una fibra nervosa che li avvolge come una specie di “cavatappi”. In alcuni soggetti tali fibre nervose entrano in flogosi e provocano la netta sensazione da “aver dolore ai capelli”.

    Addominodinia e pannicolopatia edemato-fibrosclerotica (P.E.F.)(cosiddetta cellulite)
    Anche due disturbi tipicamente femminili sembrano riconducibili, in molti casi, a neuropatie cutanee: la colite spastica e la cellulite. Per ora non abbiamo prove dirette ma prove indirette ex-adiuvantibus (dal giovamento): curando una neuropatia presente in altra sede guariscono o migliorano notevolmente anche questi due disturbi. Nel caso della colite spastica quasi sempre le pazienti avvertono dolore a sollevare una piega alla cute dell’addome. Tale segno, come già detto, indica la presenza di allodinia e quindi di aree neuropatiche all’addome. Tale neuropatia, come sempre, si accompagna ad intensa flogosi, contrattura dei piani muscolari sottostanti e della muscolatura intestinale. Da qui gli spasmi viscerali e il dolore colico.
    Per quanto riguarda la P.E.F, o cellulite: la stessa, in realtà, secondo recenti evidenze, sembra aver origine da neuropatie cutanee che si sviluppano nelle sedi tipiche. Le terminazioni nervose infiammate trattengono acqua, la quale provoca un rallentamento del circolo arterioso, riduzione dell’ossigenazione del tessuto adiposo e riorganizzazione dello stesso in noduli. Ciò spiega perché la cellulite “fa male”. Non è la cellulite a provocare dolore ma esattamente il contrario: è il dolore neuropatico ad indurre la cellulite.

    Vulvodinia
    Una forma particolare di allodinia è costituita dalla vulvodinia. Moltissime donne soffrono di disturbi ai genitali esterni che, nel loro insieme, costituiscono la vulva. Per tali disturbi è stato recentemente introdotto il termine di vulvodinia, il quale indica, genericamente, un disagio cronico o ricorrente della vulva. Tale disagio può manifestarsi in molti modi: una sensazione puntoria, come di punture di spilli, oppure un bruciore intenso, un senso di irritazione continua, tale, ad esempio, da impedire l’uso di vestiti attillati o un dolore più o meno intenso al rapporto sessuale (definito dispareunia). Uno dei sintomi più frequenti è, comunque, costituito dal prurito, che può essere da lieve e occasionale fino a raggiungere gradi estremi, tale da risultare insopportabile. Fino a 20 anni fa la vulvodinia non veniva riconosciuta come una vera malattia da parte della medicina ed ancor oggi molti testi di patologia vulvare ignorano completamente tale condizione. A partire dagli anni '80 una serie di ricerche cliniche ha permesso di acquisire moltissime nuove conoscenze sulla salute dei genitali esterni femminili. Negli ultimi 12-15 anni sono state fatte moltissime scoperte in questo campo, definendo varie malattie prima ignorate e mettendo a punto anche parecchie terapie efficaci. Purtroppo le informazioni scientifiche, anche in campo medico, stentano talvolta a diffondersi e la vita delle pazienti affette da vulvodinia è spesso una odissea da uno specialista all’altro, da una terapia all’altra senza alcun risultato. In caso di bruciore, prurito intenso, fitte o irritazione, vengono, di solito, eseguiti i cosiddetti tamponi vaginali: se questi sono negativi, oppure, se, dopo la cura, permangono i sintomi la paziente si sente dire che non ha nulla, di rilassarsi, di non pensarci e, spesso, di rivolgersi allo psicologo. Quasi sempre la diagnosi, quindi, diventa quella di malattia psicosomatica. Purtroppo non si tratta di una convinzione isolata ma esistono fior di trattati che teorizzano tale “disturbo psicologico femminile” e moltissime donne soffrono per una diagnosi che le etichetta come malate immaginarie. Si pensi che è stato necessario condurre uno studio specifico, pubblicato da Jadresic nel 1993, ma ancora poco conosciuto, per concludere che “le pazienti affette da vulvodinia presentano lo stesso profilo psicologico delle pazienti affette da altre patologie vulvari”. In un recentissimo studio, pubblicato nel 2004 su The Lancet, gli Autori affermano che l’aumento osservato di incidenza di depressione nelle pazienti affette da vulvodinia “è da attribuirsi alle difficoltà sessuali ed all’esperienza di dolore cronico” e non ad una precedente sindrome depressiva.

    Vestibolodinia
    Una forma particolare (ma senza dubbio la più diffusa) di vulvodinia è costituita dalla vestibolodinia, nella quale l’area dolorosa è localizzata al vestibolo vulvare (zona compresa all’interno delle piccole labbra), e all’introito vaginale. Tale disturbo veniva, fino a pochi anni fa definito “vestibolite”. Più recentemente è stato definito “vestibolodinia” proprio per il riconoscimento del fatto che si tratta di una forma di allodinia.
    La vestibolodinia si manifesta con bruciore, fitte, dolore spontaneo, dolore al rapporto (dispareunia) o provocato dalla pressione (pantaloni stretti, bicicletta ecc). Il dolore al rapporto è estremamente caratteristico e si manifesta come una fitta dolorosa al momento della penetrazione. A ciò segue, molto spesso, una sensazione di bruciore post-coitale (successivo al rapporto sessuale) che può durare da un'ora a tutto il giorno dopo, bruciore legato al forte spasmo muscolare che, come detto, è presente in tutte le forme di allodinia. A volte, tale dolore, simula una cistite per cui si parla di cistite post-coitale. In realtà non si tratta di una vera cistite ma di uno spasmo muscolare parossistico. Nei casi più gravi il dolore è tale da rendere impossibile il rapporto sessuale. Esistono, tuttavia, vari gradi di vestibolodinia, con casi più lievi (di cui moltissime donne soffrono, senza saperlo, convinte che si tratti di una condizione normale). In tali casi non si hanno disturbi "spontaneamente", ma si manifesta solo un “doloretto”, una fitta o un “fastidio” all’inizio del rapporto che tende poi a scomparire con la prosecuzione del rapporto stesso. Un’altra caratteristica della vestibolite vulvare è costituita da una riduzione della normale lubrificazione fisiologica, dovuta al fatto che le “ghiandole vestibolari minori”, situate proprio intorno alla zona dell’introito vaginale, sono infiammate e funzionano male.
    Come tutte le allodinie, la vestibolodinia, non è una malattia ginecologica: si tratta di una neuropatia (e quindi di una patologia) cutanea e la localizzazione ai genitale è del tutto casuale. Quasi sempre una paziente affetta da vestibolodinia presenta anche altre aree (misconosciute ma sintomatiche e causa di altri disturbi) di allodinia in altre zone del corpo.
    L’infiammazione della vestibolodinia può non essere visibile esternamente o si può rendere evidente con un rossore localizzato in uno o più punti. In altri casi la sofferenza delle fibre nervose può arrivare a provocare delle vere e proprie abrasioni della mucosa.
    Le secrezioni possono essere scarse, saltuarie o abbondanti e liquide, a volte accompagnate a sensazione di secchezza.
    Le cause della vestibolodinia possono essere le più varie. Come tutte le allodinie, anche la vestibolodinia è una infiammazione che tende a persistere. Di conseguenza, qualunque causa vada ad infiammare la mucosa vulvare, in soggetti predisposti, può provocare la vestibolodinia. Molto spesso è sufficiente un episodio infiammatorio da candidosi vulvo-vaginale. Con la terapia la candida se ne va ma l’infiammazione, provocata dalla candida, rimane a tempo indefinito. In altri casi la vestibolodinia parte dalle cicatrici dell’imene (carruncole imenali) presenti all’introito. Ciò avviene per gli stessi motivi esposti a proposito delle cicatrici
    I pochi studi epidemiologici hanno fornito dati a dir poco eclatanti: secondo uno studio condotto qualche anno fa da Martha Goetsch (ginecologa a Portland, Oregon, U.S.A.) il 37% delle donne presenterebbe un qualche grado di vestibolite, con un 15% di forme seriamente sintomatiche. Uno studio recentissimo, pubblicato sul Journal of the American Medical Womens Association, ha riportato che circa il 16% delle donne intervistate riferiva storia di bruciore cronico, dolore puntorio o al contatto che durava da 3 o più mesi. Il 60% di queste donne aveva consultato 3 o più medici, la maggiorparte dei quali non aveva posto una diagnosi.
    Dal momento che è alterata la sensibilità della mucosa, per la diagnosi ci si avvale del cosiddetto swab-test o Q-tip test (test del tampone): si pratica un tocco lieve con un tamponcino di cotone all’interno del vestibolo vulvare. In caso di vestibolodinia tale tocco delicato suscita una fitta dolorosa. Trattandosi di una malattia infiammatoria, è normale, in caso di vestibolodinia, avere un reperto di tipo infiammatorio anche al PAP test. Tutte le mucose, quella vulvare al pari di quella nasale, quando sono in uno stato infiammatorio producono un “gemizio siero-mucoide. Questo è il motivo delle tipiche secrezioni fluide, mucoidi (secrezioni o perdite di tipo infiammatorio e non segno di infezione) presenti in molti casi di vestibolodinia. Tali secrezioni legate alla flogosi, tuttavia costituiscono un vero e proprio terreno di coltura per batteri di origine intestinale (Enterococchi, Escherichia coli), batteri cutanei (Stafilococco, Streptococco) o Candida. La presenza di tali microorganismi nelle secrezioni di una donna affetta da vestibolodinia è quindi una conseguenza della malattia di base e non la causa per cui è inutile accanirsi con antibiotici o antimicotici se non si cura la malattia sottostante.
    Come già detto, raramente una allodinia si presenta da sola. In un soggetto predisposto qualunque area cutanea può sviluppare una allodinia. Per questo nella maggiorparte delle pazienti affette da vestibolodinia sono presenti anche altre aree cutanee infiammate (ad es. spalle, parte posteriore del collo, glutei, ginocchia). In questi casi si parla di forme diffuse di neuropatia superficiale. In alcuni casi si può arrivare alla Fibromialgia. Le pazienti affette da fibromialgia presentano molte “centraline nervose” in uno stato infiammatorio (cosiddetti tender-point o punti dolorosi), una di queste è localizzata al vestibolo, le altre in zone diverse. In molti casi, dunque, la vestibolodinia rappresenta solo un sintomo di una malattia più complessa che coinvolge l'intero organismo.

    LA FIBROMIALGIA.
    La fibromialgia costituisce una sindrome dolorosa cronica, che colpisce i muscoli, i tendini, le fasce, il tessuto adiposo sottocutaneo e la cute. Il primo a descriverla fu William Balfour, un medico dell’Università di Edimburgo, nel 1816. Trattandosi di una sindrome piuttosto variegata e complessa per anni si è discusso sulla esistenza o meno di tale entità, fino a chè, nel 1987 è stata riconosciuta come vera e propria entità nosologica (malattia a se stante) dalla American Medical Association (A.M.A.), come già detto, il dolore muscolare riferito dal paziente ha focalizzato da sempre l’attenzione dei medici per cui per tradizione la fibromialgia è competenza degli specialisti reumatologi. Nel 1990 l’ American College of Rheumatology (A.C.R.) ha elaborato dei precisi criteri diagnostici. In seguito, nel corso del 2° Congresso Mondiale on myofascial Pain and Fibromyalgia, del 1992, fu stilata la “Dichiarazione di Copenhagen” (vedi ultima pag.) che stabilì definitivamente la fibromialgia come una diagnosi precisa. In campo internazionale l’interesse dei ricercatori su questa sindrome è molto vivo, tanto che negli ultimi 15 anni sono stati pubblicati più di 3.500 articoli sulle più importanti riviste mediche internazionali. Solo negli ultimi anni le più recenti ricerche hanno dimostrato che:
    a) la Fibromialgia si caratterizza per la presenza di neuropatia periferica (sia cutanea che
    muscolare;
    b) la cute è l’organo massimamente coinvolto.
    Le alterazioni riscontrabili, a livello della cute, nelle neuropatie in generale, e nella FMG in particolare, sono talmente numerose che alcuni ricercatori hanno recentemente proposto l’utilità di una biopsia della cute per fare diagnosi di FMG. Tuttavia, la FMG rimane una sindrome molto variegata e “sfuggente”, con sintomi spesso molto comuni e diffusi nella popolazione “sana”, per cui risulta ancora in gran parte sconosciuta non solo dai pazienti ma anche da una larga parte della classe medica. Spesso viene confusa col cosiddetto “reumatismo psicogeno” o viene scambiata per manifestazione “psicosomatica”. Ciò è in parte dovuto al fatto che la malattia (così come le neuropatie in generale) è caratterizzata da una sintomatologia dolorosa sproporzionata rispetto all’obiettività clinica.
    Quando le aree allodiniche colpiscono quasi tutta la superficie cutanea il dolore è praticamente ovunque. Il muscolo infiammato e dolente si presenta estremamente contratto. Tali contratture muscolari sono responsabili di un altro sintomo caratteristico costituito dalla “rigidità” (spesso al risveglio). Infine tali forti e diffuse contratture consumano, ovviamente, molta energia: il paziente contratto quasi ovunque utilizza la sua forza muscolare 24 ore al giorno, per cui è come se lavorasse anche quando dorme. Ciò provoca l’altro sintomo tipico: la stanchezza. Il paziente si sveglia già stanco al mattino (stanco, rigido e dolorante: “come se mi fosse passato sopra un TIR!”).
    Anche in questo caso il paziente spesso non viene preso sul serio ed etichettato come “psicosomatico” o nevrotico, ansioso, ecc. Tutti i più recenti studi hanno confermato trattarsi di sindrome neuropatica escludendo una causa psicogena della fibromialgia: i pazienti fibromialgici non presentano caratteristiche psicologiche in comune tra di loro o specifiche ed i profili psicologici riscontrati sono sovrapponibili a quelli del resto della popolazione. Una ulteriore prova dell’origine organica della sindrome è costituita dalla frequente familiarità, tanto che viene ammessa una trasmissione genetica “a penetranza variabile”. Colpisce prevalentemente le donne tra i 15 e i 65 anni, con un rapporto femmine/maschi che va, secondo i diversi studi, da 7-8 a 1 a 20 a 1. La netta prevalenza nel sesso femminile appare legata all’effeto, facilitante l’insorgenza di neuropatia, svolto dagli ormoni femminili, gli estrogeni in particolare. Tutte le indagini (radiografie, ecografie, scopie, ecc.) sono sempre nella norma (ed anche per questo il paziente viene etichettato come ansioso). In realtà le ricerche condotte con metodiche estremamente sofisticate hanno rivelato nei pazienti neuropatici e fibromialgici una minore concentrazione plasmatica di serotonina (un neuromediatore), un aumento dei siti di ricaptazione piastrinica della serotonina, ridotti livelli plasmatici del triptofano (precursore della serotonina) e di altri aminoacidi ed un aumento di oltre 4 volte i valori normali della sostanza P (un neurotrasmettitore, P da Pain: dolore) nel liquido cefalo-rachidiano.
    Oltre a dolorabilità e stanchezza, il paziente affetto da neuropatia/fibromialgia “dorme male”. In questi pazienti Moldofsky e coll. (1975) hanno dimostrato una elevata frequenza di anomalie nell’EEG (elettroencefalogramma) nella registrazione durante il sonno. Tali anomalie consistono nella cosiddetta “alpha intrusion” e cioè nella improvvisa comparsa di onde rapide alfa durante la fase 4 di sonno non-REM frammiste alle normali onde lente delta, tipiche di quella fase del sonno. Tali alterazioni vengono considerate l’equivalente biologico del disturbo spesso accusato dai pazienti neuropatici, consistente in un sonno “non ristoratore”. Il paziente, in genere, si addormenta subito ma ha un sonno superficiale e tende a svegliarsi una o più volte nel corso della notte (spesso con lo stimolo della minzione). In molti casi si verifica un risveglio precoce il mattino “molto prima che suoni la sveglia”. Secondo alcune ipotesi, queste anomalie del sonno, predeterminate su base genetica e presenti anche nel 15% dei soggetti asintomatici, predispongono alla comparsa dei sintomi tipici in presenza di particolari fattori esterni scatenanti (eventi fortemente stressanti sia fisici che emotivi, interventi chirurgici, gravidanza e parto, traumi, sostanze ormonali, ecc.). Si ritiene, in sostanza, che soggetti geneticamente predisposti sviluppino la malattia a causa di fattori esterni che agiscono semplicemente da fattori precipitanti. Il rumore sembra giocare un ruolo rilevante quale fattore scatenante. Una recente ricerca ha rilevato una concentrazione elevata di soggetti neuropatici nelle zone circostanti gli aeroporti. La causa di ciò è stata attribuita al rumore.
    Come già detto, modernamente la fibromialgia viene ritenuta, sostanzialmente, una forma di nevrite superficiale, cutanea o “allodinia”: una flogosi (infiammazione) delle terminazioni nervose periferiche cutenee che inviano al cervello sintomi dolorosi senza motivo. Come si può facilmente capire neuropatie e FMG costituiscono delle sindromi molto diversificate per cui ogni paziente è diverso dall’altro: non si tratta di una ben definita condizione ma di uno spettro continuo, di un ampio ventaglio di disturbi che possono andare da situazioni parafisiologiche caratterizzate da una semplice dolorabilità del collo e della colonna lombo-sacrale (neuropatie localizzate), a forme più serie con cefalea e profonda stanchezza fino a forme gravi ed invalidanti con dolorabilità diffusa, depressione e stanchezza cronica. Recentemente è stato dimostrato come, in assenza di terapie specifiche, le neuropatie non tendano a peggiorare inesorabilmente nel tempo. Esistono, infatti, molte forme medio-lievi che regrediscono spontaneamente, in tutto o in parte, e forme nelle quali periodi di malessere si alterneno a periodi di benessere. La fibromialgia non presenta un elemento diagnostico preciso, ma è caratterizzata da un complesso di sintomi che presi singolarmente risultano poco significativi: diventano estremamente significativi e diagnostici quando si riscontrano tutti insieme. Come già detto, l’ American College of Rheumatology (A.C.R.) ha elaborato dei precisi criteri diagnostici, con il riscontro di specifici “punti dolorosi” (o tender points). In termini molto semplici il paziente affetto da fibromialgia presenta numerose “centraline nervose in stato infiammatorio”. I dolori sono molto spesso “migranti”e i pazienti fibromialgici vengono di solito considerati come quelli che “non stanno mai bene”, quelli che “hanno sempre qualcosa”. Oltretutto nei pazienti affetti da fibromialgia è stata ben documentata una alterata reazione alle sostanze chimiche (sindrome di intolleranza a sostanze chimiche): sono quei pazienti “allergici a tutti i farmaci” o quelli “allergici a tutto” (recenti segnalazioni dimostrano come anche l’orticaria da additivi alimentari sarebbe da collocare all’interno della sindrome fibromialgica).
    Nella fibromialgia il riscontro di malattie autoimmuni è molto frequente. Le più frequenti sono costituite da Tiroidite di Hashimoto, Diabete tipo 2, Lupus eritematoso sistemico (L.E.S.), artrite reumatoide e sindrome di Sjoegren. Secondo il Prof. Buskila la fibromialgia è talmente comune nei pazienti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico che nessun medico che tratti pazienti affetti da L.E.S. può ignorare la fibromialgia. Addirittura, secondo uno studio recente, i pazienti che soffrono di fibromialgia presentano autoanticorpi antinucleo (ANA) in oltre un terzo dei casi.
    Recentemente un autorevole clinico ha affermato che la vita di questi pazienti è una odissea interminabile da uno specialista all’altro, da un esame all’altro. In effetti il paziente avverte cefalea per cui si rivolge al neurologo, avverte palpitazioni e si rivolge al cardiologo, colite e va dal gastroenterologo. Il dolore al collo ed alle spalle viene inesorabilmente etichettato come artrosi cervicale (anche a 20 anni!). Per il bruciore ad urinare viene consultato l’urologo, per il fastidio vulvare il ginecologo, per la tensione alla gola l’otorinolaringoiatra e così via, senza mai risolvere i problemi. La fibromialgia costituisce una sindrome di interesse multidisciplinare che coinvolge vari specialisti ma, purtroppo questi pazienti non vengono mai considerati nel loro insieme ma sempre nel dettaglio del singolo sintomo.
    La fibromialgia interessa il dermatologo, in collaborazione con specialisti di altre discipline, per diversi motivi:
    1°. Come già detto la neuropatia coinvolge primariamente cute e sottocute. Il paziente avverte il dolore solo a sede muscolare perché la cute se non viene sollevata non si fa sentire. I punti dolorosi sono, infatti, semplicemente rilevabili palpatoriamente sottoforma di piccoli noduli nel sottocute a causa del fatto che le fibre nervose in flogosi trattengono acqua come già detto a proposito della cellulite e l’ecografia è in grado di documentarne agevolmente la sede.
    2°. Numerosi studi hanno recentemente inquadrato nell’ambito delle neuropatie molte affezioni di interesse dermatologico. In particolare, sarebbero da ricondurre direttamente alla sindrome fibromialgica le seguenti patologie dermatologiche: dermografismo sintomatico e orticarie fisiche, orticaria cronica, sindrome di Sjögren-sindrome sicca, connettivopatie, sclerodermia, lupus eritematoso sia discoide che sistemico, eritema polimorfo, eritema nodoso, capillariti-vasculiti, sindrome di Stevens-Johnson e di Lyell, sindrome di Raynaud, sindromi dolorose cutanee distrettuali (dinie), sindromi parestesiche cutanee, neurodermatite, prurito nodulare, prurito sine materia sia localizzato che diffuso, glossodinia o sindrome della bocca che brucia, vulvodinia parestesia e vestibolodinia, aftosi recidivante sia della mucosa orale che della mucosa genitale, alopecia areata in tutte le varianti. Inoltre, il paziente affetto da fibromialgia a causa della flogosi delle fibre nervose cutanee presenta uno stato infiammatorio della pelle per cui sviluppa facilmente dolore (nevralgico) in corrispondenza di cicatrici, con irradiazione anche a distanza. Il disturbo cutaneo tipico si manifesta, tipicamente come senso di bruciore o, nelle forme lievi, come senso di “camminamento di insetti”, formicolio o senso di punture di spilli.
    3°. La fibromialgia, inoltre, a causa dello stato infiammatorio cutaneo cronico può, indirettamente, peggiorare o aggravare moltre altre malattie della pelle, come ad es.: herpes simplex, sia labiale che genitale, herpes zoster, verruche volgari, condilomatosi ano-genitale, acne, rosacea, psoriasi, dermatite atopica.
    4°. Circa il 9% dei pazienti affetti da malattie della pelle costituiscono i cosiddetti “ non-responder” e cioè si tratta di pazienti che non rispondono alle comuni terapie. Recenti ricerche sembrano dimostrare che si tratta proprio di pazienti neuropatici.

    La fibromialgia è caratterizzata da:

    • Sintomi cardinali (o diagnostici in quanto sufficienti a porre la diagnosi);
    • Sintomi caratteristici (o centrali, presenti in oltre il 75% dei pazienti);
    • Sintomi frequenti (presenti nel 50-75% dei pazienti);
    • Sintomi infrequenti (presenti in meno del 50% dei pazienti);
    • Fattori modulanti (fattori in grado di peggiorare la sintomatologia).

    DIAGNOSI
    La diagnosi di fibromialgia viene effettuata secondo i criteri A.C.R. Questi criteri sono stati elaborati dal Multicenter Criteria Committee dell’ American College of Rheumatology 1990. Possiedono una sensibilità pari all’ 88.4% ed una specificità dell’ 81.1%. La diagnosi di fibromialgia viene posta quando sono soddisfatti entrambi i criteri (1. e 2.).

    SINTOMI CARDINALI (DIAGNOSTICI)
    1. Dolorabilità diffusa da almeno tre mesi.
    2. Presenza di dolore alla palpazione digitale su almeno 11 dei seguenti 18 “tender points” bilaterali (vedi Figura):

    1. Occipitale (inserzione del muscolo omonimo)
    2. Cervicale (spazi intertrasversali C5-C7, anteriormente)
    3. Trapezio (punto di mezzo del margine superiore)
    4. Sovraspinoso (inserzione al margine scapolare mediale)
    5. Seconda articolazione costo-condrale (lateralmente)
    6. Epicondilo laterale (2 cm distalmente)
    7. Gluteo (quadrante supero-esterno, parte anteriore)
    8. Grande trocantere (posteriormente all’apofisi)
    9. Ginocchio (cuscinetto adiposo mediale presso la rima)

    Sintomi correlati a neuropatie e a FMG
    Oltre ai sintomi diagnostici i pazienti affetti da fibromialgia possono presentare molti altri sintomi:

    SINTOMI CARATTERISTICI (presenti in oltre il 75% dei pazienti)
    - disturbi del sonno (sonno notturno superficiale, non ristoratore e/o sonnolenza durante il giorno)
    - sensazione di stanchezza (astenia) e malessere
    - rigidità mattutina (collo e spalle rigide per almeno 15 minuti)
    - dolore alla colonna (tratto cervicale e lombo-sacrale, spesso scambiati per sintomi di artrosi)

    SINTOMI FREQUENTI (tra il 50% e il 75% dei pazienti)
    - parestesie (sensazione di formicolio alle mani ed ai piedi, sensazione puntoria o di alterazione della sensibilità)
    - cefalea (a sede frontale o nucale)
    - colon irritabile
    - ansia e/o depressione
    - “urgenza urinaria” (stimolo improvviso e frequente alla minzione)
    - bruciore urinario
    - acrocianosi (freddezza estrema delle mani, dei piedi, naso e glutei)
    - dermografismo (rossore della cute in seguito a pressione)
    - dismenorrea (mestruazioni irregolari e dolorose)
    -“sintomi di secchezza” (scarsità di salivazione, lacrimazione e lubrificazione vaginale) (sindrome di Sjögren, sindrome sicca)
    - difficoltà respiratoria (respiro superficiale ed addominale, sensazione di non poter eseguire un respiro profondo, senso di oppressione al petto)
    - fenomeno di Raynaud

    SINTOMI INFREQUENTI (meno del 50% dei pazienti)
    -cistiti ricorrenti (spesso classificate come cistite interstiziale, urinocoltura spesso negativa)
    - febbricola, spesso vespertina (la sera)
    - palpitazioni (cuore in gola)
    - fitte dolorose alla muscolatura del tronco (fitte intercostali, al torace o addome)
    - senso di pesantezza al basso ventre (come qualcosa che tira verso il basso)
    - senso di oppressione alla gola, allo sterno
    - vertigini
    - “chiodo coccigeo” (punto molto doloroso al coccige)
    - bruciore anale (che si irradia nel solco intergluteo, spesso scambiato per ectasie
    emorroidarie)
    - bruciore al cavo orale (localizzato o diffuso) (sindrome della bocca urente)
    - dolorabilità, senso di pesantezza, di “fiacca” o di gonfiore alle gambe (caratteristico dei pazienti con “tender points” localizzati in prevalenza agli arti inferiori)
    - vestibolite (sensazione variabile da un senso di fastidio ad un forte bruciore nella zona del vestibolo vulvare: zona compresa all’interno delle piccole labbra; sensazionedi fitta dolorosa alla penetrazione e dispareunia post-coitale: bruciore alla fine del rapporto sessuale)
    - orticaria
    - eritema polimorfo- sindrome di Stevens-Johnson

    FATTORI MODULANTI (nelle neuropatie cutanee e nella FMG alcuni fattori sono in grado di peggiorare tutti i sintomi)
    - rumore
    - freddo
    - carenza di sonno
    - ansia
    - umidità
    - stress
    - affaticamento
    - cambiamento del tempo
    - periodo pre-mestruale

    TERAPIA
    Oggi esistono alcune terapie efficaci, anche se, comunque, rimane una malattia difficile da curare. Dal momento che si tratta di una forma di nevrite la terapia farmacologica prevede l'uso di specifici farmaci anti-infiammatori attivi sul tessuto nervoso. Il sistema nervoso, sia centrale (il cervello) che periferico (le fibre e le terminazioni nervose), è costituito sempre dalle stesse cellule, sia pure con funzioni ed attività molto differenziate. E’ fin troppo ovvio, quindi, che per curare una affezione delle fibre nervose periferiche si dovranno utilizzare sostanze che possiedano una qualche attività sul tessuto nervoso in generale e, anche se a noi può non piacere, la natura non fa distinzioni tra cervello e nervi. E’un grosso errore, quindi, pensare che per curare la fibromialgia si usino degli “psicofarmaci”. In realtà si devono necessariamente (e non può essere altrimenti) utilizzare farmaci efficaci sul “tessuto nervoso” in generale. Spesso tali farmaci possiedono una certa azione sul cervello ed un effetto molto differente sulle fibre nervose. I farmaci più efficaci sono costituiti da alcune molecole inizialmente utilizzate ad alti dosaggi come antidepressivi, come ad es, l’amitrptilina. L’efficacia sul dolore di farmaci antidepressivi, fu dimostrata per primo da Woodford nel 1968 nei pazienti affetti da nevralgia post-erpetica (il cosiddetto fuoco di S. Antonio). Ciò ha portato ad un grosso equivoco inizialmente favorito da Woodford stesso il quale considerava i suoi pazienti dei depressi. In verità l’unico antidepressivo ad avere a bassi dosaggi questo effetto è l’amitriptilina. Tuttavia gli equivoci e i pregiudizi sono duri a morire per cui ancora oggi molti medici, soprattutto specialisti reumatologi, considerano dei depressi i pazienti neuropatici. Il pregiudizio viene poi rafforzato dal fatto che un qualunque antidepressivo, alzando il tono dell’umore, ha un benefico effetto su qualunque persona soffra cronicamente di dolori (dolore ai calli compreso). Come già detto, a dosaggi molto bassi tali farmaci non possiedono alcuna attività antidepressiva ma si rivelano degli ottimi antinevralgici (per amitriptillina e doxepina è stata documentata una efficacia anche per uso locale sottoforma di crema, e la loro efficacia sul dolore è stata dimostrata anche nell’animale). In particolare, per amitriptillina, è stata dimostrata una azione sui canali del calcio, del potassio voltaggio-dipendenti e una azione di inibizione dei canali del sodio nelle fibre nervose periferiche. Tale effetto sui canali del sodio produce una riduzione/inibizione della depolarizzazione e, quindi, della trasmissione dello stimolo nervoso “nocicettivo”. Tale proprietà del farmaco risulta del tutto indipendente dall’effetto sulla inibizione della ricaptazione della serotonina che l’amitriptillina esplica a dosaggi elevati nel tessuto nervoso centrale. In ogni caso è dimostrato che a dosaggi elevati viene perduta l’efficacia sul dolore. Un farmaco antiepilettico, la gabapentina, è stato introdotto di recente per la terapia del dolore neuropatico con degli ottimi risultati. Infine un altro farmaco, il pregabalin, è stato di recente commercializzato per la terapia delle neuropatie ed al momento è stata richiesta, da parte della Ditta produttrice, la registrazione specifica per la sindrome Fibromialgica. Negli U.S.A., un ulteriore farmaco, la sulodexide, (ancora non in commercio in Italia) sembra stia dando buoni risultati. Dal momento che il dolore nettamente prevalente è quello muscolare, questi farmaci vanno sempre associati ad una efficate terapia miorilassante. Come detto più sopra i soggetti neuropatici/fibromialgici tendono ad avere una fortissima contrattura muscolare, in parte, provocata dal dolore. Tale contrattura provoca dolore il quale, a sua volta, aumenta la contrattura con un circolo vizioso dolore-contrattura-dolore che, necessariamente va interrotto. Esistono alcuni miorilassanti ritenuti specifici per la fibromialgia (come la ciclobenzapirina) ma, indubbiamente, i farmaci più efficaci in tal senso risultano i sedativi. Tra i vari effetti dei farmaci di tipo anestetico-sedativo va, infatti, annoverata un’ottima azione spasmolitica-miorilassante (non dimentichiamo che in caso di paresi spastica o “paralisi” uno dei farmaci più usati è il classico Diazepam noto come Valium). Nei pazienti neuropatici/fibromialgici tali farmaci vengono, quindi, prescritti a scopo miorilassante/spasmolitico. Il loro effetto è solo sintomatico (e non terapeutico/curativo) ma migliora da subito la qualità di vita del paziente. Molto efficace si è rivelato anche l’alprazolam, farmaco elettivo anche per gli attacchi di panico. Tuttavia, guarda caso, gli attacchi di panico (o crisi d’ansia generalizzata) sembrano piuttosto caratteristici dei pazienti neuropatici. In fase iniziale, sono spesso associati anche farmaci “di supporto” sulla contrattura muscolare anche alcuni antistaminici (come idrossizina o prometazina) per il loro effetto anticolinergico, simpaticolitico e cioè, in sostanza, favorente il “rilassamento” ed il sonno.
    Uno stato depressivo può essere presente in alcuni pazienti: si tratta di persone doloranti e sofferenti di uno stato di malessere cronico che, indubbiamente, finisce col condizionare il tono dell’umore. Il più delle volte si tratta di una distimia o depressione “reattiva” legata allo stato doloroso cronico: alcuni studi hanno dimostrato che la fibromialgia è in grado di indurre “depressione da dolore” più dell'artrite reumatoide. In tali casi la fuoxetina e la dotiepina si sono rivelate in grado di migliorare notevolmente ed in modo specifico (mediante potenziamento dell’effetto dell’amitriptillina) il tono dell’umore. Anche la doxepina ed il citalopram si sono rivelate molecole molto efficaci nella stabilizzazione del tono dell’umore.
    Oltre alle terapie farmacologiche si sono rivelate efficaci anche altre terapie non-farmacologiche. Tra queste sembrano utili il bio feed-back, l’agopuntura e le terapie fisiche delicate come la terapia dermoriflessa, terapia antalgica (antidolorifica) che punta a risolvere il dolore mediante una pressione digitale sui punti dolorosi. In Inghilterra e Germania altri ricercatori riportano buoni risultati con terapie analoghe ma più invasive con l’uso di aghi (neuralterapie: iniezione locale di anestetico) o con l’uso di stimoli elettrici (sul tipo della tecnica TENS che tutti conoscono). Negli U.S.A. viene molto usata la tecnica di inattivazione dei punti dolorosi mediante uso di spray freddo seguito da allungamenti muscolari (tecnica dello strech and spray) o l’iniezione nei punti tender con soluzione fisiologica. Sempre negli Stati Uniti è stata ideata la tecnica della “compressione ischemica” (compressione digitale dei punti dolorosi), poco utilizzata nei paesi europei perché ritenuta molto dolorosa (la tecnica cosiddetta “dermoriflessa” rappresenta semplicemente un perfezionamento, non aggressivo e non doloroso, della tecnica della compressione ischemica).
    In ogni caso non esiste una terapia uguale per tutti: ogni paziente fa caso a sé e ogni paziente risponde in modo diverso, per cui la terapia va “personalizzata” sul singolo paziente. La percentuale di guarigioni è molto buona. Occorre, tuttavia, sottolineare come si tratti di una terapia non facile, per la quale è necessario da parte del medico molta esperienza e il paziente deve essere seguito costantemente nel tempo. Per ottenere una guarigione in tempi ragionevoli occorre "ottimizzare" la terapia ed evitare il rischio (frequente) di dosaggi troppo bassi (con settimane o mesi di terapia inutile, sintomatica ma non risolutiva) o di dosaggi troppo elevati (per quel particolare paziente) con peggioramento della sintomatologia. I tempi di guarigione variano molto a seconda della durata della malattia, dell’età del paziente, del tipo di risposta soggettiva di ogni singolo paziente, per cui, almeno all’inizio, è praticamente impossibile fare delle previsioni (a parte i casi più lievi). Le recidive sono la regola nel caso di una terapia fatta malamente (sconsigliato il fai-da-te o una terapia condotta da un medico con scarsa esperienza). Anche in caso di terapia adeguata si possono avere episodi di recidive (presumibilmente a causa di fattori peggiorativi esterni) che, però, rispondono prontamente e regrediscono in tempi brevi. In ogni caso la percentuale di guarigioni è molto buona e tende ad aumentare con la messa a punto di sempre nuove terapie.

    Riporto infine una interessante definizione di David A. Nye, della Midelford Clinic:
    " The common misconceptions that FMS is a psychosomatic or somatoform disorder, that it is untreatable, that it is a diagnosis of exclusion or a "wastebasket" diagnosis, and that most FMS patients are hypochondriacs or whiners are unfounded and insupportable."
    (I comuni preconcetti che la fibromialgia è un disturbo psicosomatico o somatoforme, che non è curabile, che è una diagnosi di esclusione o un “cestino dei rifiuti” delle diagnosi e che la maggioranza dei pazienti fibromialgici sono degli ipocondriaci o dei “piagnoni” sono infondati e insopportabili!).

    David A. Nye MD: A Physicians Guide to Fibromyalgia Syndrome, 1997

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    00 22/11/2007 13:52
    posto questa guida scritta dal Prof. Torresani perchè credo sia molto utile per comprendere meglio la cura stessa.
    Naturalmente raccomando ai lettori che questo non deve essere considerato come uno strumento di autodiagnosi o peggio di auto prescrizione; a chi pensasse di rientrare nella patologia descritta, consiglio vivamente di contattare il prof. Torresani per sottoporsi a visita diagnostica.
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    Prof.ClaudioTorresani Specialista in Dermatologia e Venereologia
    docente di dermatologia allergologica
    Clinica Dermatologica
    Università degli Studi di Parma


    GUIDA PER I PAZIENTI AFFETTI DA ALLODINIE (NEUROPATIE)



    Come le è stato spiegato, la sua malattia è una infiammazione di fibre nervose.


    dolore alla pelle (avvertibile solo se la pelle viene stimolata)
    Tale infiammazione provoca:
    dolore muscolare (dolore spontaneo)

    - Il dolore muscolare (spontaneo) viene avvertito tra alti e bassi, è molto variabile e può cambiare ogni giorno perché viene influenzato da molti fattori esterni. Infatti:

    freddo caldo
    viene peggiorato da: ansia viene migliorato da: tranquillità
    sforzo fisico riposo

    Inoltre, il dolore muscolare può persistere (per 1-2 settimane) anche dopo che la malattia è guarita (e la pelle non fa più male). Per questo motivo il dolore spontaneo (muscolare) è un riferimento molto impreciso che provoca solo confusione.

    - Il dolore alla pelle (provocato sollevando una piega di cute e sottocute) non viene influenzato da fattori esterni e rimane piuttosto costante. Per questo motivo, il dolore che si avverte sollevando la cute costituisce un riferimento preciso.

    Per capire come va la malattia, come procede la cura e come comportarsi coi farmaci occorre avere un riferimento preciso, un indicatore che rappresenti la situazione in modo oggettivo e sicuro.


    Per quanto detto sopra, la pelle costituisce l’unico riferimento preciso ed affidabile per cui è indispensabile tenere la pelle come riferimento.
    Per far questo, occorre verificare il dolore che si avverte sollevando la pelle tutti i giorni.


    COME:
    Pinzare con due dita e sollevare una piega di cute e sottocute la più ampia possibile, premere con una discreta forza e tenere sollevata la piega per almeno 1 minuto.

    E’ una cosa, apparentemente, difficile, ma, per guarire, occorre verificare costantemente l’andamento della malattia (e della cura) sollevando la pelle. Con un po’ di esercizio la pelle diventa una fonte di informazioni preziose (per non dire indispensabili).
    Come sto? Se interroghi la pelle puoi avere delle risposte di una precisione sorprendente.

    La nostra pelle ci da informazioni precise sul dolore.

    Come sollevare una piega: 1. Sollevare una piega abbondante di cute e sottocute (adipe sottocutaneo)
    2. Premere le dita (pollice e indice) con una certa forza
    3. Tenere sollevato per circa 1 minuto

    Valutare come si comporta il dolore tenendo sollevata una piega cutanea per circa 1 minuto:

    Le possibilità sono solo 4:

    Il dolore può: 1. avere la tendenza a diminuire
    2. avere la tendenza ad aumentare
    3. essere stabile
    4. essere assente (o quasi). Altre possibilità non ne esistono.


    Vediamo, in dettaglio, le quattro possibilità:

    1. Il dolore è stabile: Il dolore è medio/forte, inizialmente può tendere ad aumentare ma poi si stabilizza e rimane costante senza nessuna tendenza a diminuire: il dosaggio dei farmaci è ancora molto scarso (occorre aumentare i dosaggi);(NB: tolta la pressione il dolore scompare subito)

    2. Il dolore si riduce: Il dolore è medio/lieve e tende a ridursi nel tempo (1 minuto): la remissione/guarigione è vicina, il dosaggio è quasi ottimale (aumentare i farmaci con molta cautela e prepararsi a ridurre);

    3. Il dolore è assente: Il dolore è quasi del tutto assente o scompare nel giro di 1 minuto: malattia in guarigione/remissione (ridurre subito il dosaggio).

    4. Il dolore aumenta: Il dolore in alcuni punti viene avvertito subito, in altri, per farsi sentire, impiega 30-40 secondi. Tende ad essere sempre più forte fino a diventare insopportabile. Qualsiasi punto della pelle (tenendo la presa per almeno 30- 40 secondi) fa male. Tolta la pressione il dolore persiste per un po’ di tempo. Il dosaggio è eccessivo: sospendere immediatamente i farmaci.


    Con la speranza che questo possa essere di aiuto a condurre bene la terapia.
    A disposizione, comunque,


    Claudio Torresani
    [Modificato da poplife 22/11/2007 13:55]
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    mily.
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    Utente Junior
    00 17/06/2008 13:32
    esami utili per porre diagnodi di neuropatia
    Oltre alla prova del pizzicotto, la biopsia cutanea,
    dopo la biopsia cutanea viene ritenuta molto significativa, per una diagnosi, una indagine definita "studio dei potenziali evocati". Di nessuna importanza, viceversa, l'EMG che non valuta le piccole fibre, responsabili di queste patologie, ma i grossi tronchi nervosi.
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    mily.
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    Utente Junior
    00 17/06/2008 13:45
    prevalenza di sesso femminile nelle diagnosi di neuropatie/FMG
    Colpisce prevalentemente le donne tra i 15 e i 65 anni con un rapporto femmine /maschi che va, secondo diversi studi, da 7-8 a 1 a 20 a 1.La netta prevalenza nel sesso femminile appare legata all'effetto, facilitante l'insorgenza di neuropatia, svolto dagli ormoni femminili, gli estrogeni in particolare.Ciò é stato dimostrato nel topo.Si tratta di una malattia talmente poco psicologica che colpisce anche alcune razze di topolini. I topi femmina sono colpiti molto più dei maschi. Se, però,una topolina viene "castrata" (privata delle ovaie)questa topolina avrà la stessa probabilità di ammalarsi che hanno i topi maschi.
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    Glory10
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    Utente Junior
    00 31/01/2009 14:44
    Mari

    interessantissimo l'articolo di Torresani, credo proprio che telefonerò per un appuntamento, soprattutto perchè non riesco ad individuare i punti corretti da pizzicare per l'autovalutazione del dolore.
    Grazie!
    Gloria